Tra le tante proposte di legge ci segnalano una particolarmente “originale” proposta dal partito di Forza Iitalia. La legge presentata al Senato vorrebbe poter imporre i service provider l’ obbligatorietà di fornire un documento di identità in fase di iscrizione danneggiando in modo gravissimo la libertà di anonimato che di fatto è il cardine di Internet e delle maggiori associazioni per la liberà dei diritti civili.
I senatori Pagano, Giammarco, Bernini, Malan, Damiani, Floris, Vitali, Aimi e Cangini hanno presentato un disegno di legge di modifica al decreto legislativo 9 Aprile 2003, n.70, riguardante l’iscrizione ai social network. Nel documento, raggiungibile a questo indirizzo, è presente una proposta riguardante l’iscrizione ai social.
l disegno di legge si prefissa l’obiettivo di garantire la democrazia e la libertà sui social network, “non andando ad intaccare quello che è il diritto d’espressione del pensiero, ma semplicemente a far si che le vittime di reati quali ad esempio la diffamazione e le minacce, commesse a mezzo internet, siano agevolmente tutelate“.
La proposta vera e propria, che nelle intenzioni dei firmatari dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1 Gennaio 2020, chiede agli internet provider ed in generale i fornitori di servizi di memorizzazione permanente, di “richiedere, all’atto dell’iscrizione del destinatario del servizio, un documento d’identità in corso di validità“, vale a dire passaporto, patente o carta d’identità. Il tutto per rendere le persone più responsabili per quello che scrivono sui social: “identificare con le proprie generalità gli utenti, come previsto dal presente disegno di legge, consente di renderli responsabili in caso di violazioni commesse per il mezzo dei rispettivi account, che potrebbero corrispondere a nickname o pseudonimi e quindi essere difficilmente rintracciabili” si legge in uno stralcio del documento.
La norma, secondo i Senatori, mira anche a proteggere gli hosting provider, che in caso di violazioni “potranno fornire agevolmente alle Forze dell’Ordine i dati anagrafici collegati al profilo per cui si ipotizza il reato“
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