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Occhio che le auto ci spiano!

Violazione della privacy e automobili: due argomenti che sembrano apparentemente essere distanti anni luce e invece, come scopriremo a breve, sono assolutamente collegati e anche estremamente attuali. Tutto nasce dalla richiesta di class action presentata da alcuni cittadini dello stato di Washington contro cinque case automobilistiche, ovvero General Motors, Ford, Honda, Toyota e Volkswagen, colpevoli di violare la privacy degli automobilisti.

Secondo gli utenti che hanno presentato la denuncia, i sistemi di infotainment delle auto sono realizzati in modo da raccogliere un gran numero di dati personali dai dispositivi collegati (smartphone o tablet) allo scopo di condividerli o addirittura venderli a terze parti. Allo stato attuale, il giudice incaricato di valutare le cause ha respinto tutte le richieste di class action perché pare che non soddisfino i requisiti legali; in particolare, i proprietari non sono riusciti a fornire prove sufficienti a dimostrare quanto asserito perché non è stato possibile accedere ai dati registrati dai sistemi di infotainment, operazione consentita solo alle forze dell’ordine.

 

Anche Mozilla lo dice: la privacy è un optional

Non sono solo i semplici cittadini a scagliarsi contro le case automobilistiche: qualche tempo fa anche Mozilla aveva definito “a privacy nightmare” (un incubo per la privacy) le moderne automobili, arrivando ad affermare che esse sono diventate delle macchine mangia-dati che, grazie a tutti gli ammennicoli elettronici presenti (come ad esempio sensori, microfoni e  telecamere) sono in grado di osservare l’ambiente circostante, ascoltare conversazioni, leggere messaggi, registrare telefonate, monitorare abitudini e percorsi mentre siamo alla guida. Se poi si uniscono queste informazioni a quelle ottenibili dalle applicazioni utilizzate quando si è in auto, si ottiene un mix esplosivo di informazioni che possono spaziare dai dati sui percorsi preferiti a quelli sulle nostre abitudini sessuali (non prendeteci in giro: Mozilla giura che è possibile!), dallo stile di guida alle abitudini musicali e, incrociando i dati raccolti, si riesce addirittura ad arrivare a desumere informazioni impensabili come il grado di intelligenza, le capacità e gli interessi del guidatore.

 

I dati? Trattati come merce

Addirittura, sui 25 produttori di auto “indagati” dalla Mozilla Foundation, l’84% condivide i dati raccolti con service providers, data broker e altre entità delle quali ben poco si conosce; peggio ancora, addirittura il 76% (diciannove su venticinque), affermano di vendere i dati personali degli utenti! Una quantità notevole (il 56%) afferma di condividere informazioni con il governo o le forze dell’ordine e ben il 92% offre controlli minimo o addirittura nulli sui dati che vengono collezionati. Quest’ultimo punto vede emergere due case produttrici, ovvero Dacia e Renault, che si piazzano tra le meno affamate di dati, mentre all’altro capo della classifica troviamo Tesla, che risulta essere la più invasiva tra tutte le marche considerate per quanto riguarda la privacy.

 

Per fortuna l’Europa si salva 

Al momento in cui scriviamo non sono stati rilevati problemi simili in Europa, nonostante molti dei produttori analizzati da Mozilla vendano i loro modelli di auto anche sul nostro territorio (ne sono esclusi alcuni marchi come Lincoln e Acura, ad esempio). La differenza la fa il GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), che è decisamente più severo rispetto alle corrispondenti leggi statunitensi sulla privacy. Per maggiori informazioni sull’argomento visitare il sito.

 

Leggi anche: “Blocchiamo le app che spiano

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