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I datacenter sono molto particolari

Dov’è il datacenter più grande del mondo? In Cina: l’ha costruito China Telecom a Hohhot e ha una superficie totale di 990mila metri quadrati, circa 245 campi da calcio. Proprio accanto, China Mobile ha costruito un’altra struttura da 650mila metri quadrati. Questa è all’incirca la dimensione di Citadel Campus, realizzato da Switch in Nevada, USA. Il primo “grande” datacenter europeo è a Cardiff ed è di “appena” 185mila metri quadrati, circa 45 campi da calcio. Il mondo dei server, posizionati in centri di calcolo (datacenter) è enorme e pieno di stranezze. Nonostante gli sforzi per venire standardizzato. Infatti, i server hanno tutti dimensioni standard e un fattore di forma specifico. Si tratta di “Unità” da 44,5 centimetri in altezza. Gli armadi o “rack” sono alti 180 Sotto una montagna o nelle profondità del mare, i centri di calcolo sono ovunque cm e hanno posto per 42 Unità, che possono però corrispondere anche a server da 2U, 3U o 4U di altezza. Il consumo di un rack pieno e nel quale i server girano alla massima potenza è di 6 Kilowatt-ora. In un centro di calcolo di media grandezza ce ne sono alcune migliaia. La capacità di un datacenter  viene calcolata sulla base di quanta energia elettrica consuma per tenere accesi i server (45% del totale) e per raffreddarli (55%). L’utilizzo energetico medio di un datacenter hyperscale (pensato per il calcolo “potente”) si aggira intorno ai 20-50 MW all’anno. È la quantità di energia necessaria per alimentare fino a 37 mila abitazioni. Tanto che in Germania hanno costruito Cloud&Heat non solo per calcolare ma anche per fare da centrale termica e riscaldare alcune migliaia di case.

 

Come si raffreddano?

Per cercare di risolvere il problema del raffreddamento sono state pensate varie soluzioni. Una, originale, è di OVH Roubaix che ha messo 135mila server in un edificio cubico con un centro cavo che crea una ventilazione forzata, come un gigantesco cubo Borg. Ma il raffreddamento dei singoli server è a liquido, la scelta più logica, rispetto alle ventole. Servono però liquidi inerti e costosi da smaltire. Microsoft ha pensato di fare di più e, nel 2015, ha avviato la fase 1 del progetto Natick: un datacenter sottomarino con 24 server. In realtà un semplice container stagno immerso nell’Oceano Pacifico. L’acqua fredda abbassa naturalmente la temperatura del container. Nel 2020 è iniziata la fase 2, con altri quattro centri di calcolo sottomarini. Un vantaggio ulteriore? La vicinanza. Il 50% della popolazione mondiale vive a meno di 100 Km dal mare: i datacenter costieri riducono radicalmente la latenza delle connessioni. Ma oltre che sott’acqua, i datacenter vanno anche sottoterra. Più raramente sotto una montagna perché sono ambienti  naturalmente caldi (la temperatura sotto il San Gottardo è di circa 38 gradi). Meglio i bunker di vecchie installazioni militari e caveau di banche. Come il CyberBunker, costruito dalla NATO durante la Guerra Fredda, in grado di resistere a un EMP (l’impulso elettromagnetico di una testata nucleare) e poi di  funzionare in modo efficiente per 10 anni, anche se non è rimasto molto del mondo esterno. Altre  soluzioni? I centri di calcolo mobili o “diffusi”, come quelli di Elliptical Mobile Solutions (EMS). Possono essere spostati, un rack alla volta, ovunque in tempi rapidissimi e funzionare anche separatamente.

Il server di Matusalemme. Un server Cisco per il traffico di rete è acceso da 25 anni e otto mesi, senza mai un riavvio. Ma non è niente rispetto al computer di bordo della sonda Voyager 2, lanciata il 20 agosto 1977. Il Flight Data System (FDS) a 8 bit con 4 MB di RAM e 40 MB di memoria da 554 mesi invia regolarmente dati da oltre il sistema solare.

 

 

Quanto valgono i centri di calcolo

Se i dati sono l’oro del XXI secolo, i server nei centri di calcolo sono le macchine più importanti. Dal cloud per il lavoro da remoto alla Internet delle cose, dai servizi di streaming e logistica fino al gaming online, i datacenter sono onnipresenti. Il 14% dell’energia elettrica del pianeta viene usato per alimentarli e raffreddarli (sarà il 20% nel 2025) e l’impatto sull’ambiente è il doppio di quello di tutto il comparto del trasporto aereo civile. Oggi i centri di calcolo per il cloud nel mondo sono circa ottomila, il 33% dei quali negli USA (in Italia sono meno di 100) per un valore che supera i 400 miliardi di dollari. La sfida più grande: trovare luoghi sicuri (senza terremoti, alluvioni o rischi geopolitici) e con energia elettrica economica dove aprirne altri 5.000 nei prossimi cinque anni.

 

 

Leggi anche: “Attacco al datacenter dell’unione dei comuni

 


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