Apple ha abbandonato definitivamente i processori realizzati da Intel per passare a quelli nati e sviluppati internamente ai centri di ricerca di Cupertino e prodotti dalle fabbriche taiwanesi di TSMC. I processori Intel erano diventati il cavallo di battaglia della Apple di Steve Jobs, che nel 2006 aveva annunciato il passaggio alle CPU della concorrenza dopo aver utilizzato a lungo quelli prodotti dal consorzio formato con IBM e Motorola.
Steve Jobs nel 2006 aveva voluto i processori Intel per due motivi. Il primo era che i precedenti PowerPC di IBM e Motorola non erano più abbastanza potenti e da questa estate si possono comprare Mac e MacBook solo con processori Apple Silicon M1 e M2 non erano adatti al mercato dei computer portatili, dove Apple invece aveva previsto una forte crescita. Il secondo invece era legato all’offerta di Intel: una linea di processori con più nuclei di calcolo (multi-core), perfetti per Mac OS X, il sistema operativo di derivazione UNIX dei computer Mac. Tuttavia, la linea di processori Intel, per quanto negli anni successivi abbia permesso ad Apple di avere alcuni grandi successi commerciali (grazie alla potenza di calcolo, fattore di forma ridotta e compatibilità nativa con Windows di Microsoft), aveva il problema che non era riuscita a offrire prestazioni migliori e consumi contenuti senza scaldare e consumare troppo.
Steve Jobs, prima della sua scomparsa nel 2011, aveva già impostato il passaggio ad Apple Silicon. Lo sviluppo era iniziato con l’iPod all’inizio degli anni Duemila e poi con l’iPhone (2007) e l’iPad (2010). Apple, per fortificare lo sviluppo dei suoi SoC basati sull’architettura della britannica ARM, aveva comprato anche Semi-PA, piccola azienda con alcuni dei migliori talenti in assoluto per la progettazione dei processori. Grazie al lavoro di miglioramento dei processori Ax per le varie generazioni di smartphone e tablet di Apple, in pochi anni l’azienda è riuscita a sviluppare dei SoC molto potenti che hanno stupito gli esperti.
La prima generazione di processori M1 per Mac del 2020 è stata rivoluzionaria soprattutto per i portatili, offrendo prestazioni superiori di tre o quattro volte alle CPU Intel equivalenti con consumi più ridotti e prezzi molto bassi. Le successive versioni Pro, Max e Ultra hanno dimostrato che i SoC di Apple hanno anche potenza da vendere. La successiva versione M2 ha migliorato in modo solo incrementale le prestazioni. La futura generazione M3 promette invece un ulteriore passo in avanti, grazie a un meccanismo di produzione ancora più sofisticato e un’architettura ulteriormente miniaturizzata. L’abbandono di Intel è stato consumato con l’annuncio del giugno 2023 dei nuovi Mac Pro e Mac Studio con M2 Ultra. Mentre la conversione del software Mac alle nuove CPU è ormai completa, l’unico rimpianto è per gli utenti che hanno bisogno di installare Windows in una partizione secondaria, cosa adesso non più possibile.
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