E’ di questi giorni la notizia che grazie al sistema di riconoscimento facciale denominato S.A.R.I. sono stati individuati dei ladri di Brescia con una buona percentuale di system matching. Sari è in grado di confrontare le immagini catturate dalle telecamere di sicurezza, come nel caso di Brescia, con i volti dei milioni di soggetti schedati. Restringendo il campo a una platea ristretta di sospettati.
Il ministero dell’Interno lo scorso anno ha aggiudicato la fornitura del software a un’azienda leccese, Parsec 3.26, che collabora con il centro di ricerca Cnr Isasi per lo sviluppo di algoritmi di riconoscimento facciale.
Balzato alle cronache molti si domandano da dove è stato creato l’enorme database che contiene l’intera popolazione escludendo bambini al di sotto dei 15 anni .
La risposta forse potrebbe essere cercata in un comunicato stampa rilasciato .
Il S.A.R.I. consente di effettuare ricerche nella banca dati A.F.I.S. attraverso l’inserimento di un’immagine fotografica di un soggetto ignoto che, elaborata da due algoritmi di riconoscimento facciale, fornisce un elenco di immagini ordinato secondo un grado di similarità. Nell’ipotesi di match, per avere valenza dibattimentale, è comunque necessaria una comparazione fisionomica effettuata da personale specializzato della Polizia Scientifica.
In questi giorni si è alimentato un dibattito sull’uso di questi dati per la tutela della privacy dei cittadini. Gli esperti avvertono: a rischio libertà individuali e diritti civili degli eventuali partecipanti a una manifestazione.
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