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Il parcheggio non custodito

Diverse app per il pagamento del parcheggio si basano sul riconoscimento targhe, anche automatizzato tramite videocamere. L’eccessiva semplificazione dell’autenticazione, però, può permettere agli stalker di tracciare le soste di un veicolo

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Una cosa che è ormai difficile da ignorare anche per chi non si intende di sicurezza informatica, è la proliferazione delle videocamere di sorveglianza nelle strade. Ormai sembra essere la soluzione preferita da qualsiasi amministrazione per risolvere il problema della sicurezza nelle strade. Questa apparente soluzione, però, porta con se un rischio importante: quello per la privacy. Che è sicuramente vissuto dalla popolazione con un diritto molto trascurabile, ma probabilmente solo a causa di una scarsa competenza in ambito informatico, che non permette a tutti di cogliere le implicazioni di una sorveglianza così estesa. Soprattutto perché tutti danno per scontato che i dati saranno sempre custoditi in una sorta di cassaforte inespugnabile. Mentre in questi anni abbiamo già assistito a cronache che, in giro per l’Europa e nel Regno Unito, ci testimoniano che non è sempre così.

Dal controllo del traffico allo stalking

Tra le varie tipologie di videocamere installate nelle nostre strade, alcune sono specificamente progettate per il controllo del traffico. Queste videocamere sono collegate a un software per il riconoscimento dei numeri di targa (Licence Plate Recognition). Tutti sanno che questo tipo di videocamere è messo a disposizione delle forze dell’ordine e della magistratura per risalire agli autori di infrazioni o reati. Ma ormai da anni queste sono utilizzate anche per applicazioni commerciali a grande diffusione: la più comune riguarda i parcheggi. Quando utilizziamo un parcheggio a pagamento, spesso vi sono sistemi di riconoscimento delle targhe. Vengono utilizzati sia per tracciare gli automobilisti e evitare che qualcuno vada via senza pagare, sia per eseguire pagamenti automatici. Sono infatti disponibili, in alcune città, delle soluzioni di sosta “al volo”: non c’è bisogno di iniziare manualmente la sosta, usando l’app o una colonnina per il pagamento. Se si dispone di un account nell’app del gestore del parcheggio, appena la videocamera riconosce la targa in un posteggio viene registrato l’inizio della sosta, che ovviamente termina appena si sposta il veicolo. Se si deve solo fare un acquisto veloce in un negozio non si perde tempo: si parcheggia, si va nel negozio, e si riprende l’automobile. Se la sosta è durata sei minuti, il corrispettivo per quei pochi minuti verrà automaticamente detratto dall’account. Questo vale anche per le varie situazioni di sosta gratuita con limite temporale, nei quali la targa viene registrata per assicurarsi che la permanenza nel posteggio non superi il limite imposto (es: 30 o 60 minuti, la classica sosta con “disco orario”). Naturalmente, queste app e il connesso riconoscimento delle targhe vengono anche usati per notifiche, per esempio per ricordare a un utente dove ha lasciato la macchina, da quanto tempo, e quanto sta pagando. Ed è qui che si presenta la vulnerabilità: queste sono informazioni sensibili, perché permettono di identificare in tempo reale la posizione di un veicolo. Se fossero accessibili soltanto al legittimo proprietario non ci sarebbe alcun problema, ma come fare a identificarlo? La soluzione di molti servizi di parcheggio è in realtà priva di qualsiasi meccanismo di identificazione: per utilizzarli basta inserire il numero di targa. Questo significa che chiunque conosca la targa di una potenziale vittima, può iscriversi a suo nome e ricevere notifiche sui suoi spostamenti. Non è in alcun modo necessario dimostrare di essere i legittimi proprietari del veicolo.

Usando le notifiche ricevute, platescan traccia la posizione del veicolo e ricostruisce il suo tragitto da un parcheggio all’altro.
[FONTE: https://notmyplate.com/whitepaper/]

 

Lo studio olandese

Lo studio olandese si è basato su due gestori dei parcheggi diffusi in tutta Europa: Indigo e Q-Park. A un campione selezionato casualmente di 120 utenti volontari è stato richiesto di fornire il proprio numero di targa. Gli autori dello studio (il gruppo di ricerca Intidc) hanno poi sfruttato le API dei backend cui si appoggiano le app di Indigo e Q-Park per tracciare tutte le targhe. La metodologia è in realtà piuttosto semplice: si sfrutta il facile session hijacking, dal momento che l’unica “autenticazione” è data dal numero di targa. Per seguire una automobile è in molti casi sufficiente creare automaticamente un nuovo account, assegnarvi del credito o un metodo di pagamento (es: PayPal), e il numero di targa, dichiarando di avere iniziato una nuova sosta in un parcheggio supportato dal gestore selezionato. A questo punto si effettua un pagamento per la sosta in questione, e da questo momento l’account creato verrà considerato legittimamente associato alla targa. Sostanzialmente, la sicurezza è affidata all’idea che nessuno pagherebbe una sosta per conto di qualcun altro. Che per le persone normali potrebbe anche essere vero, ma uno stalker o qualche altro tipo di criminale probabilmente non si farebbe troppi problemi a spendere qualche spicciolo pur di poter in futuro tracciare la posizione di una vittima. Un account connesso a una targa, infatti, riceve automaticamente delle notifiche dal server su tutte le future soste effettuate, e a volte (dipende dal gestore del parcheggio) persino sulle potenziali soste: quando una automobile, che magari è solo di passaggio e non ha davvero intenzione di parcheggiare, viene riconosciuta da una videocamera, il server fornisce la lista dei luoghi di parcheggio più vicini. E questo consente di tracciare la posizione di un veicolo entro un certo raggio. Siccome è disponibile una mappa di tutti i punti di parcheggio, è possibile tracciare la posizione di un utente per molto tempo, interrogando le API del server e memorizzando tutte le notifiche che arrivano.

Lo script Platescan interroga periodicamente le API dei gestori di parcheggio Indigo e Q-Park per leggere eventuali notifiche sull’inizio di una nuova sosta.
[FONTE: https://notmyplate.com/whitepaper/]

Entità della vulnerabilità

Questa vulnerabilità non è dovuta a un bug, ma a una scelta di progettazione di molte app dei gestori dei parcheggi europei. Per incentivare gli utenti a utilizzarle è stata tolta ogni complicazione possibile, è questo significa qualsiasi meccanismo di identificazione reale.  L’autore dello studio propone una serie di possibili meccanismi di identificazione del legittimo proprietario del veicolo, ma è probabile che nessuno di essi possa davvero essere utilizzato: gli utenti sono pigri, e se si aggiunge qualche complicazione è possibile che smettano di usare l’app. Il problema è che basta avere una automobile e usarla per essere potenzialmente tracciabili, non è necessario che l’utente abbia nemmeno mai usato le app per pagare il parcheggio.
Per quanto riguarda l’Italia, gli autori dello studio hanno trovato tre diversi gestori di parcheggio potenzialmente vulnerabili: EasyPark, Interparking, e APCOA. Per Interparking le API consentono a una utenza di assegnarsi un unico numero di targa, e questo renderebbe più complesso un eventuale tentativo di sorveglianza di massa, sarebbe necessario creare tanti diversi account, ma è comunque piuttosto facile seguire una unica “vittima”. In altre parole, questa metodologia potrebbe dare a schiere di stalker e altri criminali la possibilità di seguire con facilità delle vittime.

 

La soluzione

Come accennavamo, una vera soluzione non esiste: soltanto una vera identificazione del legittimo proprietario del veicolo potrebbe funzionare, ma è improbabile che accada perché gli utenti preferiscono la comodità alla sicurezza. L’unica attuale mossa per chi è preoccupato di poter essere seguito, in particolare persone che temono di essere vittime di uno stalker, è chiedere ai gestori dei parcheggi di rimuovere la propria targa dai database e evitare di registrarla in futuro. Considerando che il numero di targa di un veicolo è un dato sensibile, è possibile chiederne la rimozione scrivendo al responsabile per il GDPR di ogni azienda. Sarebbe anche auspicabile una sorta di “registro delle opposizioni”, che però funzionerebbe soltanto se tutte le aziende che gestiscono parcheggi accettassero di rispettarlo.

 

Una tabella delle app di parcheggio dei principali paesi europei, stilata dai responsabili dello studio sul session hijacking.
[FONTE: https://notmyplate.com/whitepaper/]

 

 

 

 

 


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Public Cloud e cloud services per l’archiviazione dei dati: perché conviene

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Cloud computing

Ormai da decenni i cloud services rappresentano, sia per il privato che per le aziende, una risorsa indispensabile di grande utilità che, negli anni, ha offerto efficienza, vantaggi anche in termini di costi e massima sicurezza. In particolare, coloro che utilizzano i servizi cloud, sia Public Cloud che Private Cloud, beneficiano di questo sistema di archiviazione per gestire in modo più efficiente la propria attività, servire meglio i propri clienti e aumentare notevolmente i margini di profitto complessivi.
Il cloud computing è un termine che ha acquisito un uso diffuso negli ultimi anni. Con l’aumento esponenziale dell’utilizzo dei dati che ha accompagnato la transizione della società digitale nel 21° secolo, sta diventando sempre più difficile mantenere dati, informazioni, programmi e sistemi attivi e funzionanti sui server dei computer interni. La soluzione a questo problema è quella che esiste quasi da quando è nato Internet, ma che solo di recente ha ottenuto un’ampia applicazione: il Public Cloud.

Vantaggi dell’utilizzo del Public Cloud per privati e aziende

In effetti, la maggior parte delle persone utilizza già una varietà di servizi cloud senza nemmeno rendersene conto. Esistono infatti tante applicazioni basate su cloud attraverso cui gli utenti inviano ogni giorno i propri dati personali a un server ospitato nel cloud che archivia le informazioni per un successivo accesso. Questi servizi, oltre ad essere utili per uso personale, sono ancora più preziosi per le aziende che devono essere in grado di accedere a grandi quantità di dati tramite una connessione di rete online sicura. Vediamo allora nel dettaglio i vantaggi dell’utilizzo di un Public Cloud:

  • Risparmio di tempo: una volta sul cloud, un facile accesso ai dati farà risparmiare tempo e denaro.
  • Sicurezza: la maggiore sicurezza è data dalla crittografia dei dati trasmessi sulle reti e archiviati nei database. Utilizzando la crittografia, le informazioni sono meno accessibili dagli hacker o da chiunque non sia autorizzato a visualizzarle.
  • Flessibilità: il Public Cloud offre una maggiore flessibilità in generale rispetto all’hosting su un server locale, anche in termini di larghezza di banda aggiuntiva o di ampiezza di storage.
  • Mobilità: il Public Cloud consente l’accesso tramite smartphone e dispositivi mobili, in ogni luogo e in qualunque momento.
  • Insight: con le informazioni archiviate in un Public Cloud, si possono facilmente implementare meccanismi di tracciamento e creare report personalizzati per analizzare l’intera organizzazione delle informazioni.
  • Disaster recovery: i servizi basati su Public Cloud forniscono un rapido ripristino dei dati per tutti i tipi di scenari di emergenza, dai disastri naturali alle interruzioni di corrente.

Differenze tra Public Cloud e Private Cloud

Public Cloud e Private Cloud si differenziano innanzitutto per quanto riguarda l’accesso e la condivisione dei dati che, mentre per il primo sono assolutamente liberi, per il secondo sono limitati.
Inoltre la proprietà e il controllo di un Public Cloud fanno capo al provider del servizio cloud e gli utenti non hanno nessun controllo autonomo e anche la personalizzazione e la configurazione di un Public Cloud sono più limitate rispetto ad un Private Cloud. Infine, se l’utilizzo di un Private Cloud comporta costi eccessivi, specialmente in fase iniziale, i costi di un Public Cloud si fermano soltanto alle risorse utilizzate dall’utente e quindi sono decisamente molto più limitati e permissivi.
Una piattaforma cloud non fornisce solo risorse informatiche su richiesta connesse alla rete, ma offre anche uno storage flessibile assieme a strumenti per eseguire e automatizzare azioni, come distribuzioni, manutenzione o scalabilità durante i picchi di carico.
Oggi esistono anche soluzioni ibride che coniugano al meglio entrambe le tipologie di cloud per offrire la massima efficienza e usufruire dei benefici di ogni tipologia.

Applicazioni correlate al Public Cloud

Tra le tante applicazioni che utilizzano i cloud services, l’Intelligenza Artificiale e le soluzioni relative al quantum netbook offrono efficienza e utilità per ogni genere di progetto. Sviluppatori e data scientist trovano nei cloud services applicati a tal genere di servizi un accesso completamente sicuro e un utilizzo di gran lunga semplificato dei dati, dei framework di Intelligenza Artificiale e degli emulatori quantistici. Una soluzione cloud legata ai quantum notebooks consente di semplificare al massimo la gestione della sicurezza e delle operazioni di ingegneria e offre massima flessibilità e potenza andando oltretutto incontro ad ogni esigenza in termini di budget economico da investire.

 


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Scritte ASCII in un secondo

Usiamo i caratteri ASCII per creare grandi scritte grafiche dai nostri testi. Una semplice interfaccia e tanti stili a portata di click lo rendono davvero facilissimo!

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Per le nostre conversazioni online e i nostri messaggi, è divertente poter creare scritte grafiche con i caratteri ASCII dai nostri testi, in modo da dare la massima incisività a frasi e parole con un simpatico gusto “retro“. Per farlo nei sistemi Linux, Ubuntu incluso, tipicamente si usa il programma da riga di comando Figlet, potente e ricco di opzioni. Il suo limite è che non è semplicissimo da usare, dato che lo stile delle nostre scritte si modifica con degli argomenti che dobbiamo ricordarci.
A risolvere il problema arriva Calligraphy, un’interfaccia grafica per pyfiglet, che è un’implementazione puramente in Python di Figlet. Facilissimo da usare, ci permette di scegliere gli stili da un menu a tendina e di applicarli istantaneamente alle nostre scritte per poi copiarle negli appunti e incollarle dove desideriamo. Risulta più essenziale di Figlet ma la praticità lo rende un’alternativa molto valida e immediata.

 

Facile e veloce. Una volta installato il programma da Flathub ci troviamo nella sua semplice interfaccia. Nel pannello a sinistra scriviamo il nostro messaggio e a destra vediamo l’output che possiamo copiare con l’icona in basso a destra.

 

Scegliamo lo stile. Il menu a comparsa nel pannello dell’output ci permette di scegliere lo stile della nostra scritta. Non tutti sono leggibili come quelli della serie clb usata qui e proposta in diverse proporzioni tra altezza e larghezza dei caratteri.

 

Tanta scelta. Ci sono però varie alternative tra cui scegliere. Molto leggibili, per esempio, sono arrows, small e basic, mentre per le scritte a effetto ci sono alphabet (nella foto) e poison. Quando selezioniamo uno stile è subito applicato

 

Ricerca. Nel menu a comparsa possiamo anche scrivere il nome di uno stile per cercarlo direttamente, il che ci sarà utile quando avremo i nostri preferiti. Attenzione: non sempre il programma mette automaticamente le interruzioni di riga.

 

 

*illustrazione articolo progettata da  Freepik

 


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Metti i tuoi dati al sicuro

Ecco il tool che ti permette di creare backup in maniera semplice e veloce: basta collegare la propria unità USB e lasciare che sia il software a occuparsi del resto

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Abbiamo parlato molte volte dell’importanza dei backup e per quelli dei vostri dati personali (come foto, video, documenti, ecc.) questa è una soluzione facile da usare e pratica. Il suo slogan è infatti “Inserite la vostra unità USB e lasciate che il Pika faccia il resto per voi” (il pika da cui il programma prende il nome è un piccolo mammifero che assomiglia un po’ a un coniglietto). Pika vi permette di creare backup in locale (come con la citata unità USB o con un NAS) e in remoto (per esempio sul cloud), di impostare una pianificazione per fare copie di sicurezza regolari e di crittografarle.

Dato che sfrutta la deduplicazione, ossia salva gli archivi in modo che solo i dati nuovi e modificati rispetto all’ultimo backup occupino ulteriore spazio su disco, consente di risparmiare tempo e memoria. Ogni backup eseguito crea un archivio ed è possibile elencare quelli presenti e sfogliarne il contenuto. Una volta trovato ciò che vi serve, potete ripristinarlo da lì. Per creare i backup, Pika utilizza BorgBackup e i suoi repository di salvataggio sono accessibili anche con questa solida utility da riga di comando. BorgBase supporta inoltre lo sviluppo di Pika Backup. Il loro servizio è specializzato per l’uso con BorgBackup e offre funzioni di sicurezza come i repository append-only (che consentono solo l’aggiunta di nuovi dati, impedendo la modifica o la cancellazione di quelli esistenti) e l’autenticazione a due fattori. Potete ottenere 10 GB di spazio di archiviazione gratuito su borgbase.com. Pika si può installare facilmente da Flathub e vale la pena di provarlo per gestire in modo pratico le proprie copie di archiviazione. Ecco il link per il download.

L’interfaccia semplice offre opzioni essenziali ma utili e permette di programmare i backup, gestire gli archivi ed escludere cartelle al salvataggio

 

Leggi anche: “Qnap risolve i bug critici del backup dei NAS


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Il codice a barre ha 50 anni…

Nato per la logistica nelle fabbriche e per i supermercati, oggi il barcode è lo strumento più importante per legare il mondo digitale a quello fisico

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Noto come codice a barre, questo strumento grafico è uno dei più diffusi sul nostro pianeta per la comunicazione di dati. L’etichetta composta da barre verticali di spessori diversi ha compiuto 50 anni da poco ed è più usato che mai, anche nel mondo digitale, grazie ai nuovi formati creati per codificare più informazioni e consentire, ad esempio, di accedere a siti web senza bisogno di trascrivere lunghi indirizzi http, o gestire e tracciare il flusso delle merci. Il barcode è, insomma, il più importante “ponte” tra mondo fisico e digitale.

 

La storia del codice a barre

Il “barcode” o “codice a barre” è nato negli Usa. La data di nascita ufficiale è il 3 aprile 1973, quando è stato adottato come standard operativo per le aziende che operavono nel settore del largo consumo. È il momento in cui nei prodotti venduti nei supermercati è comparsa l’etichetta con le barrette di spessore diverse, che codificano ciascuna tipologia di prodotto e permettono una gestione più rapida del magazzino e delle casse, grazie ai lettori ottici. Oggi è adottato in 116 Paesi con la dizione di standard GS1 ed è applicato su più di un miliardi di tipi di prodotti. In realtà l’idea di creare un sistema capace di leggere una serie di barre stampate con forte contrasto (tipicamente nero su bianco) era precedente: è stata brevettata nel 1952 da due americani, Norman Joseph Woodland e Bernard Silver, che si erano ispirati al codice Morse con l’obiettivo di leggere delle informazioni codificate in modo veloce e automatico.

 

Le prime applicazioni

Prima delle merci nei supermercati, i codici a barre venivano utilizzati ad esempio sui vagoni ferroviari nel Regno Unito e negli Stati Uniti per gestire la logistica dei grandi scali merci dove ogni giorno passano migliaia di vagoni. Un ingombrante lettore posto all’entrata di uno scalo merci, infatti, registrava il passaggio dei vagoni e informava automaticamente il capostazione. Oltre alla logistica, però, il barcode è entrato nelle fabbriche a partire dagli anni Sessanta, soprattutto nel settore automobilistico, in quel periodo in rapida espansione. Il codice a barre identificava automaticamente le parti delle auto (trasmissione, cambio, semiassi) e le smistava nella catena di montaggio.

 

I codici a barre oggi

Negli ultimi anni il barcode è diventato lo strumento fondamentale per la logistica planetaria. È l’etichetta che permette di identificare e tracciare qualsiasi cosa: merci, pacchetti comprati su Amazon, lettere, prodotti trasportati dalle Poste o dai private, come DHL e UPS. Solo l’eCommerce, ogni giorno, legge più di trecento miliardi di etichette per movimentare all’incirca 150 miliardi di prodotti e pacchetti. I barcode, però, sono utilizzati anche per altri scopi: dai menu dei ristoranti (che vengono letti tramite il telefonino) agli apparecchi medicali che devono essere sempre tracciabili. Non c’è settore in cui, da qualche parte, non sia presente un piccolo barcode. Che non è sempre composto da colonne, ma può assumere anche altre forme, come le matrici dei QR Code.

Il futuro si chiama GS1 DataMatrix, Nei prodotti per la grande distribuzione sta facendo la sua comparsa un nuovo codice a barre a matrice che sostituirà quello tradizionale nel 2025. Il vantaggio è che contiene più informazioni e permette di conoscere il numero di serie, la data di scadenza e il lotto di un prodotto. Inoltre è più piccolo e resistente, occupando così meno spazio sulle confezioni. 

Leggi anche: “La truffa parte da un QR Code

 

*illustrazione articolo progettata da  Freepik

 

 


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I gadget segreti degli hacker

La valigetta del pirata contiene dispositivi hi-tech piccoli, anonimi e potenti, facilmente acquistabili anche su Amazon. Questo mese abbiamo selezionato…

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FOCKET WIFI WUD INJECTOR
OCCHIO, NON E’ UNA TASTIERA
A prima vista, questo dispositivo si presenta come una comune pendrive USB, ma sotto questa facciata nasconde una capacità ben più sofisticata: emula una tastiera e invia sequenze di tasti pre-programmate al computer non appena viene collegata. Il concetto che sta alla base di un dispositivo USB RUBBER DUCKY, infatti, è quello di sfruttare la “fiducia” implicita che i sistemi operativi ripongono nei dispositivi di input, come tastiere, appunto. Non appena collegata, il sistema riconosce il dispositivo come una periferica legittima, permettendo l’esecuzione
di comandi a livello di sistema. La programmazione si basa su un linguaggio di scripting semplice ma potente.

Quanto costa: € 70,43

Dove acquistarlo: su Amazon

 

 

CHIAVE DI SICUREZZA NFC YUBICO
PROTEGGI I TUOI ACCOUNT
Trasforma qualsiasi login in un accesso a due fattori: è la caratteristiche di questo dispositivo. La sua praticità e portabilità lo rendono ideale da portare sempre con sé. Per usare questa chiave di sicurezza, basta collegarla tramite porta USB-A o avvicinarla a un dispositivo con NFC per completare l’autenticazione.
È una chiave che vanta una compatibilità estesa, supportando servizi come Google e Microsoft, oltre a numerosi gestori di password e altre piattaforme diffuse. È compatibile con sistemi operativi come Windows, macOS, ChromeOS e Linux.

Quanto costa: € 30,50

Dove acquistarlo: su Amazon

 

 

 

MINI REGISTRATORE VOCALE
UNA SPIA A DISTANZA
Con un design compatto (12.4 x 11.1 x 5.6 cm) e un peso leggero di soli 194 grammi, questo dispositivo funge da microspia GSM avanzata. È sufficiente effettuare una chiamata per attivare l’ascolto dell’ambiente circostante. Dotato di una funzionalità che gli permette di richiamare automaticamente alla rilevazione di suoni, è in grado di catturare audio nitido fino a 15 metri di distanza. Offre una notevole durata di registrazione (72 ore) e si avvale della tecnologia GPS integrata per una localizzazione precisa.

Quanto costa: € 229,00

Dove acquistarlo: su Amazon

 

 

Leggi anche: “I gadget dell’hacker


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Dite stop al tracciamento

Grazie a un’estensione per il browser, proteggerete la vostra privacy e l’invasione operata dalla pubblicità. Ecco come funziona

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Privacy Badger è un’estensione per browser sviluppata dall’Electronic Frontier Foundation (EFF), un’organizzazione non profit impegnata nella difesa della privacy e dei diritti digitali degli utenti. L’obiettivo principale è quello di impedire il tracciamento online non desiderato e proteggere la privacy durante la navigazione.

 

COME FUNZIONA

Disponibile per diversi browser, tra cui Chrome e Firefox, si occupa di bloccare i cosiddetti tracker. In sostanza, quando si naviga su un sito, l’estensione analizza gli elementi della pagina e rileva i tentativi di tracciamento di terze parti, come cookie e script. Le frena e impedisce loro di raccogliere dati sulle attività online. Interessante è l’apprendimento automatico. Ciò significa che impara dalle interazioni con i siti web nel tempo, adattandosi ai comportamenti e alle preferenze. Per esempio, se si visita regolarmente un sito che utilizza un servizio di tracciamento legittimo, Privacy Badger imparerà a non bloccare quel particolare elemento, garantendo così una navigazione fluida.

 

PERSONALIZZAZIONE

L’estensione offre un livello di protezione della privacy personalizzabile. Dopo l’installazione, inizia subito a bloccare gli elementi di tracciamento che rileva. Tuttavia, dà anche all’utente la possibilità di modificare le impostazioni di blocco in base alle proprie preferenze: è possibile decidere di consentire il tracciamento su un determinato sito o bloccarlo oppure di visualizzare la lista dei siti web visitati e gli elementi di tracciamento bloccati per ciascun di essi e rimuovere il blocco, giusto per fare qualche esempio.

 

 

Vediamo come bloccare i tracker con un clic del mouse

L’estensione
Collegatevi sul chrome web store all’indirizzo https://chrome.google.com/webstore/category/extensions. Se utilizzate Firefox, invece, andate su https://addons.mozilla.org/it/firefox/extensions/. Cercate “privacy badger” nell’apposito campo di ricerca e cliccate sul primo risultato.

 

Installazione
Selezionate il pulsante azzurro Aggiungi e, subito dopo, Aggiungi estensione. Una finestra pop-up vi avviserà della corretta installazione. Cliccateci su. Vi si aprirà una finestra del browser con il sito di benvenuti e un messaggio “Grazie per aver installato Privacy Badger!”.

 

Il primo blocco
Riavviate il browser e accedete a un sito qualsiasi: per esempio, il portale de La Stampa. Cliccate sul simbolo del puzzle in alto a destra nella barra degli indirizzi e selezionate l’estensione appena installata. Un primo messaggio vi avvisa che sono stati bloccati ben 23 potenziali tracker.

 

Questo sito no!
Da questa prima finestra avete già la possibilità di non utilizzare, e quindi di disattivare, Privacy Badger per il sito che state visitando. Per farlo, ovviamente, basta cliccare sul pulsante Disattiva per questo sito. Esiste anche la possibilità di inviare una segnalazione alla EFF per Sito malfunzionante.

 

Semaforo rosso
Cliccando sulla freccia che punta verso il basso, si aprirà un menu con tutti i tracker bloccati, quelli che lasciano sono dei cookie e quelli che non sono stati fermati. Per consentire, fermare o accettare solo i cookie, vi basta spostare le levette da destra a sinistra, o viceversa.

 

Impostazioni avanzate
Cliccando sul menu delle impostazioni, avrete la possibilità di personalizzare Privacy Badger. Troverete la possibilità di impedire ai siti di tracciare i link cliccati, di vietare a Google di registrare i siti visitati, di consultare i siti disattivati, i domini tracciati e tanto altro.


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Come fare foto belle con lo smartphone

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Telefono che scatta in spiaggia - Foto di form PxHere

Negli ultimi anni è lo smartphone ad essere uno degli strumenti migliori per immortalare i propri momenti indicabili, durante le vacanze e non solo. Gli smartphone sono tra gli strumenti migliori per riuscire a creare delle fotografie incredibili senza bisogno di un’attrezzatura professionale.

In che modo però si possono scattare delle foto meravigliose con un dispositivo mobile? Il primo passo è sicuramente scegliere il giusto smartphone. Devi acquistare un dispositivo che abbia telecamere di un alto livello che permettano di acquisire al meglio le immagini, di regolare l’esposizione, colori e tutte le caratteristiche che servono a ottenere risultati ottimali.

Se non hai un telefono che ti permette di fare foto davvero belle, trova il tuo nuovo smartphone a prezzi imbattibili comparando i modelli migliori del momento.

Ma vediamo in questa guida alcuni consigli fondamentali per elevare le tue fotografie da semplici snapshot a immagini memorabili.

1. Conosci le capacità del tuo smartphone

Prima di tutto, è importante conoscere le specifiche e le funzionalità della fotocamera del tuo smartphone. Molti dispositivi moderni offrono caratteristiche avanzate come la modalità ritratto, l’HDR (High Dynamic Range), zoom ottico, e capacità di scatto in formato RAW. Familiarizzando con queste opzioni, potrai sfruttarle al meglio in base alle situazioni.

2. Sfrutta la luce naturale

Uno degli elementi più importanti in campo fotografico è sicuramente quello della luce. La giusta esposizione alla luce permette di rendere un’immagine da banale a interessante. Ecco perché è molto importante riuscire a scattare le foto sfruttando appieno la luce naturale. Se vuoi degli scatti naturali mozzafiato, allora devi valutare di scattare le foto con il tuo smartphone poco dopo l’alba o prima del tramonto, quando la luce è morbida e calda. Evita invece scatti con la luce diretta del mezzogiorno, che può creare ombre dure e contrasti elevati.

3. Composizione e regola dei terzi

Una composizione equilibrata è fondamentale per una foto accattivante. Utilizza la regola dei terzi, immaginando la tua immagine divisa in nove parti uguali da due linee orizzontali e due linee verticali. Posizionare i soggetti lungo queste linee o nei loro punti di intersezione può aggiungere equilibrio e interesse alla tua foto. Molti smartphone offrono la possibilità di visualizzare una griglia sulla fotocamera per facilitare questo processo.

4. Esplora diverse prospettive

Non limitarti a scattare foto da una posizione eretta e frontale. Esplorare angolazioni diverse può dare una nuova vita alle tue immagini. Prova a scattare dal basso verso l’alto per conferire grandiosità a un soggetto, o dall’alto verso il basso per un effetto minimizzante. L’esperimento con diverse prospettive può rivelare dettagli e viste sorprendenti.

5. L’importanza della post-produzione

L’editing può trasformare una buona foto in un’immagine eccezionale. App come Lightroom, Snapseed, e VSCO offrono strumenti potenti per migliorare le tue foto direttamente dallo smartphone. Regola l’esposizione, il contrasto, la saturazione, e usa filtri con moderazione per mantenere un aspetto naturale. Ricorda, l’obiettivo dell’editing è migliorare la foto senza stravolgerla.

6. Attenzione al background

Uno sfondo caotico può distrarre dall’oggetto principale della foto. Cerca sfondi semplici o uniformi che mettano in risalto il tuo soggetto. A volte, spostarsi di pochi passi o cambiare angolazione può aiutare a evitare uno sfondo distrattivo e permette di trovare uno sfondo che complementi perfettamente il soggetto.

7. Usa la modalità manuale

Molti smartphone permettono di controllare manualmente impostazioni come ISO, velocità dell’otturatore, e apertura. Imparare a utilizzare la modalità manuale può darti un controllo maggiore sull’aspetto delle tue foto, permettendoti di essere creativo in situazioni di luce difficile o per ottenere effetti specifici.

8. Non dimenticare la regola della semplicità

A volte, meno è meglio. Una composizione semplice, con un unico soggetto chiaro e uno sfondo pulito, può essere incredibilmente potente. Cerca la bellezza nelle scene quotidiane e non complicare troppo la tua immagine. La semplicità può spesso tradursi in eleganza e impatto visivo.

9. Sperimenta e divertiti

Infine, il consiglio più importante è sperimentare e divertirsi con la fotografia. Prova nuove tecniche, esplora generi diversi, e non avere paura di fare errori. Ogni scatto è un’opportunità di apprendimento e ogni errore ti avvicina a capire cosa funziona per te.

Seguendo questi consigli, potrai migliorare le tue capacità fotografiche ma anche iniziare a vedere il mondo che ti circonda in modi nuovi e sorprendenti. Ricorda, l’attrezzo più importante in fotografia è l’occhio del fotografo; lo smartphone è semplicemente il mezzo per catturare momenti unici e creare delle foto meravigliose che si possano distinguere.


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